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domenica 17 ottobre 2021

Alla Reggia di Caserta rispunta la statua "perduta" di Sanmartino

 

Alla Reggia di Caserta è stata riportata alla luce una statua raffigurante un Bambino dormiente realizzata da Giuseppe Sanmartino e ritenuta perduta. 




Giuseppe Sanmartino, Il Real Infante Carlo Tito di Borbone, 1775 – Ph. Anna Manzone


La Reggia di Caserta ha riportato alla luce un nuovo “tesoro”. Una recente attività di riordino dei ha permesso di scoprire una piccola scultura raffigurante un bambino dormiente, eseguita in una pietra tenera dalle venature rosate. Si è così scoperto che, nel 1775, alla nascita del primogenito maschio di Ferdinando IV di Borbone e di Maria Carolina d’Austria, la regina decise di far realizzare un ritratto a grandezza naturale del neonato Principe ereditario (il Real Infante Carlo Tito). Il ritratto commissionato da Maria Carolina d’Austria doveva essere tradotto in argento per essere donato, come ex voto, all’antico convento napoletano di San Francesco di Paola. La regina volle che il ritratto fosse eseguito dal primo scultore del Regno, Giuseppe Sanmartino, celebre per aver realizzato il Cristo Velato per la Cappella napoletana di Raimondo de Sangro, Principe di Sansevero. I precedenti studi su Giuseppe Sanmartino, ritenevano ormai perduto questo modello. Appare probabile che, assieme a quello in pietra riscoperto nella Reggia di Caserta, ce ne fosse anche un altro in terracotta per la fusione in argento. 


Giuseppe Sanmartino, Il Real Infante Carlo Tito di Borbone, 1775, part. – Ph. Anna Manzone


La conferma dell’attribuzione dell’opera a Sanmartino è stata possibile grazie al confronto stilistico con altre statue da lui realizzate e alla lettura degli antichi inventari postunitari della Reggia di Caserta, che riportano il nome dell’artista accanto alla descrizione della statua come Bambino dormiente, che risulta presente nelle collezioni della Reggia di Caserta almeno dal 1879. Al termine dell’intervento di restauro, la scultura di Sanmartino ritrovata alla Reggia di Caserta è stata presentata al pubblico il 3 ottobre  e  esposta nella Cappella Palatina in occasione della XVIII Giornata nazionale degli Amici dei Musei.



Giuseppe Sanmartino, Il Real Infante Carlo Tito di Borbone, 1775 – Ph. Anna Manzone





Giuseppe Sanmartino, Il Real Infante Carlo Tito di Borbone, 1775, part. – Ph. Anna Manzone


Evento segnalato da Archivio Ophen Virtual Art di Salerno

venerdì 27 settembre 2019

L'ARTE CLASSICA VISTA CON L'OCCHIO CURIOSO DI UN GRANDE ANTIQUARIO ITALIANO





Da Artemisia a Hackert, la collezione Lampronti alla Reggia di Caserta



"Da Artemisia a Hackert. Storia di un antiquario collezionista alla Reggia"
La Reggia di Caserta
Fino al 16. 01. 2020


Non accade spesso  di visitare  un evento  a corte  ideato da un grande antiquario come  Cesare Lampronti, con opere importanti esposte nelle Retrostanze settecentesche degli appartamenti storici alla  Reggia di Caserta, nella Sala degli Alabardieri e nella Sala delle Guardie del Corpo. Tra gli autori del Seicento presentati in mostra vi è Artemisia Gentileschi, Carracci, Rubens, Poussin,  Claude Lorrain,  Gaspar van Wittel  Guercino, Domenichino, Pietro da Cortona, Cagnacci,  Salvator Rosa, Sebastiano Ricci, Luca Giordano, Mattia Preti, Bernardo Cavallino, Giovan Battista Gaulli, Cavalier d'Arpino, Bartolomeo Bimbi e poi, le presenze importanti del Settecento come quelle di Canaletto, Bernardo Bellotto,  Francesco Guardi,  Van Wittel, Jakob Philipp Hackert,  Alessandro Magnasco, Giovanni Battista Pittoni, Paolo Anesi, Francesco Solimena, Giovanni Paolo Panini, Antonio Joli, Paolo Porpora e tanti altri autori  operanti in Italia tra il 600’ e il 700’.


 Bellotto, veduta Venezia

Le 100 opere presentate sono riconducibili a cinque aree tematiche differenti: pitture caravaggesche; pittura del ‘600; vedute; paesaggi e nature morte. Rimane sicuramente una delle più prestigiose mostre  organizzate negli ultimi anni a Caserta. Un’ulteriore sala è dedicata al progetto “Immagini in cerca di autore”, una sezione di quadri di autori ignoti, la cui attribuzione sarà oggetto di studio e dibattito da parte di studiosi e ricercatori.


Rubens, Sacra famiglia.

La mostra è nata dopo un contatto qualche anno fa a Londra con il precedente direttore della Reggia  di Caserta Dott. Mauro Felicori che  voleva far acquistare dal Mibac il quadro di Hackert “Il porto di Salerno”. Cesare Lampronti  curatore dell’evento rappresenta già la terza generazione di una conosciuta famiglia di antiquari con la Lampronti Gallery dapprima a Roma  e poi trasferita nel 2012 a Londra. Ci confessa che è  motivo di orgoglio aver recuperato dall’estero in Italia in cinquant’anni di intensa attività, circa 12.000 dipinti.  Chi è però un antiquario? - scrive Cesare Lampronti – “è colui che per primo entra in contatto con un’opera d’arte selezionando il bello dal mediocre, intervenendo per riportare l’opera nel suo contesto originale, cercando di valorizzare l’opera collocandola nella giusta sfera di attribuzione. Poi interverranno storici dell’arte, direttori di musei che completeranno il percorso. Antiquario è chi è disposto a sacrificare la propria sfera privata per acquisire o difendere un’opera di cui è innamorato”.


Canaletto, Prigioni. Vedute.


L’evento di Caserta si prefigge di mostrare soprattutto il legame esistente tra le opere già presenti all’interno della collezione reale della Reggia e i dipinti della collezione Lampronti. Artemisia  Gentileschi, personaggio quasi leggendario e forse una delle prime donne femministe più famose nell’arte, con l’opera “Betsabea al bagno” del 1636 -1638  in cui Davide seduce Betsabea, si erge quasi come un’eroina  identificandosi  completamente nel personaggio di Betsabea  a causa anche di una sofferta violenza subita da Agostino Tassi, un’artista amico del padre Orazio.  E’ probabile che l’architettura che si vede a sinistra del quadro sia una volontà di Bernardo Cavallino.  Per la prima volta ritorna e viene presentato in Italia  il “Porto di Salernodi Jakob Philipp Hackert, un'opera recentemente restaurata di grande qualità e bellezza, che è il “pezzo” mancante della serie dei Porti realizzata da Hackert per il re Ferdinando IV di Borbone. Anche per questo motivo diventa un’occasione  unica per conoscere l’intera serie dei 17 porti borbonici del Regno dipinti da Jakob Philipp Hackert, straordinario vedutista di corte e testimone delle antiche vedute di una Caserta settecentesca ormai perduta.


 Jakob Philipp HackertPorto di Salerno.


Una importante opera presente in questa rassegna è sicuramente quella del fiammingo Pietro Paolo Rubens, “Sagra Famiglia”  con Santa Elisabetta, San Giovannino e la colomba, acquisita di recente,  a contatto rimani affascinato per la qualità della pittura, per la compostezza  e la vivacità classica  dell’incarnato che ci fa riflettere persino sulle ricche e generose carni dipinte alcuni secoli dopo dal grande Jean Auguste Renoir. Basta  anche solo un’opera come questa per decidere di fare un viaggio a Caserta  a ammirare la grande pittura classica in un luogo incantato come ci appare  da sempre la maestosa e fascinosa Reggia di Caserta.       


Artemisia Gentileschi, Betsabea al bagno” 





Sandro  Bongiani
Mostra visitata il 16 settembre  2019
Dal 16 settembre 2019  al 16 gennaio 2020

DA ARTEMISIA A HACKERT. Storia di un antiquario collezionista alla Reggia

REGGIA DI CASERTA Via Douhet, 22, (Caserta)
Appartamenti Storici,  Sala degli Alabardieri, Sala delle Guardie del Corpo della  Reggia di Caserta  
Via Douhet 22 - 81100 Caserta
Orari: tutti i giorni dalle 8.30 alle 19.30, martedì chiusura settimanale
Ufficio stampa STUDIO ESSECI



Le altre opere:




Cagnacci,  Allegoria della vita


Carracci,  Madonna in gloria


Guercino, Eroismo di Muzio Scevola.


Salvator Rosa,  Martirio di Sant'Agata.



Paolo Anesi, Veduta di Villa Corsini.







Elenco delle immagini allegate:


«Da Artemisia a Hackert. Storia di un antiquario collezionista alla Reggia»
A cura di Lampronti Gallery Reggia di Caserta 16 settembre 2019 - 16 gennaio 2020



Jakob Philipp Hackert
The Port of Salerno from Vietri
olio su tela
134,7 x 221,6 cm

Artemisia  Gentileschi
Betsabea al bagno” del 1636 -1638
olio su tela

Bernardo Bellotto
Venice, the Grand Canal looking towards the Rialto Bridge
olio su tela

Canaletto
Prigioni
olio su tela
105,3 x 127,5 cm

Rubens 
Sacra famiglia con San Giovannino e Santa Elisabetta
olio su tavola
66 x 51 cm

Carracci
Madonna in gloria sulla città di Bologna
tempera ad uovo su carta 
27,8 x 18,7  cm

Cagnacci
Allegoria della vita
olio su tela
118,2 x 95,3 cm

Guercino
Eroismo di Muzio Scevola davanti al re etrusco Lars Porsenna
olio su tela 
247 x 280 cm

Salvator Rosa
Martirio di SantAgata.
olio su tela 
112,5 x 148 cm


Paolo Anesi
View of Villa Corsini and Villa Albani, Anzio
olio su tela
73,6 x 136,5 cm





sabato 27 luglio 2019

REGGIA DI CASERTA - "Da Artemisia a Hackert. Storia di un antiquario collezionista alla Reggia"





“DA ARTEMISIA A HACKERT. STORIA DI UN ANTIQUARIO COLLEZIONISTA ALLA REGGIA” -  verrà PRESENTATA ufficialmente il 16 SETTEMBRE


Vincenzo Mazzarella con l'arrivo del porto di Salerno di J. P. Hackert, 





“Da Artemisia ad Hackert storia di un antiquario collezionista, visibile a settembre alla Reggia di Caserta”. L’evento presentato già a febbraio in una conferenza nel Teatro di Corte della Reggia di Caserta la mostra d’arte <> con la presenza del critico d’arte Vittorio Sgarbi . La mostra partirà ufficialmente il 16 settembre 2019 e terminerà il 13 gennaio del 2020, l’esposizione si terrà nelle Sale degli Alabardieri, Sale delle Guardie del Corpo e nelle Retrostanze settecentesche degli appartamenti storici, dove saranno esposte le opere appartenenti al noto gallerista e antiquario Cesare Lampronti che per l’occasione è anche il curatore  assieme a Vittorio Sgarbi della mostra. 

La mostra è nata  dall’idea di avvicinare il mondo del collezionismo privato e delle Gallerie d’arte a quello dei Musei, intensi come luoghi deputati alla fruizione e alla valorizzazione culturale per “pubblici” sempre più eterogenei. Un legame artistico esistente tra le opere già all’interno della collezione reale esposte nella Reggia di Caserta e dipinti esposti nella Lampronti Gallery, con  la pittura del 600′ e ‘700 nella sua espressiva globalità. Tra gli autori che saranno in mostra Artemisia Gentileschi, Bernardo Cavallino, Salvator Rosa, Luca Giordano, Rubens, Guercino, Canaletto, BaciccioPietro da Cortona Pompeo Batoni BellottoGaspar van WittelJakob Philipp HackertAntonio JoliNicolas PoussinClaude LorrainFrancesco SolimenaBartolomeo Bimbi e Paolo Porpora.



"il porto di Salerno " di J. P. Hackert, 


Porto di Salerno di oggi visto da Raito - © Sandro  Bongiani Arte Contemporanea



In particolare, in occasione della mostra sarà esposto per la prima volta a Caserta il Porto di Salerno di Jakob Philipp Hackert, un dipinto di grande qualità e bellezza che è il “pezzo” mancante della serie dei Porti realizzata da Hackert per il re Ferdinando IV di Borbone. Per l’occasione e anche per curiosità abbiamo provato a accostare il dipinto di Hackert con qualche immagine  fotografica di oggi del porto di Salerno ripreso dalla zona di Raito.  La mostra di grande respiro, diventa occasione importante per mostrare ai visitatori l’intera serie dei Porti del Regno, recentemente restaurata. Il progetto prevede l’esposizione di ulteriori quadri di vedute di Napoli e della Campania, realizzati da pittori presenti nella collezione della Reggia. Le opere che verranno presentate sono riconducibili a cinque particolari  aree tematiche differenti: pitture caravaggesche; pittura del ‘600; vedute; paesaggi e nature morte. Un’ulteriore sala, poi, sarà dedicata al progetto Immagini in cerca di autore, una vera e propria sezione di quadri di autori ignoti, la cui attribuzione sarà oggetto di studio e dibattito da parte di studiosi e ricercatori.  Appuntamento al 16 settembre 2019 presso la Reggia di Caserta per la presentazione ufficiale dell'importante evento e per la visione delle opere.   Sandro Bongiani


lunedì 11 febbraio 2019

A Telese Vittorio Sgarbi premia la bottiglia di ceramica del vietrese Pasquale Liguori








A Telese Vittorio Sgarbi premia la migliore bottiglia in ceramica per l’amaro della Reggia

Fotografie © Courtesy Laura  Marmai e Sandro Bongiani Arte Contemporanea - Salerno
Il 10 febbraio presso la sala “Mario Liverini” a Telese Terme, in provincia di Benevento, grande partecipazione di pubblico alla premiazione del concorso  “AmaRe'” dell’Antica Distilleria Petrone, concessionaria in esclusiva per quattro anni del brand AmaRè legato alla Reggia di Caserta, ha visto protagonista il critico d’arte Vittorio Sgarbi presso la sala Liverini a Telese premiare gli artisti che hanno realizzato le più belle bottiglie in ceramica destinate a contenere l’amaro della Reggia che l’Antica Distilleria Petrone ottiene dall’infusione di sole erbe ed essenze pregiate selezionate nel settecentesco Giardino Inglese della residenza reale di Caserta. Il concorso  riservato ad artisti e  maestri artigiani operanti in una delle citta’ campane della ceramica (Ariano Irpino, Cava dei Tirreni, Cerreto Sannita e Vietri). Grande soddisfazione per le città della ceramica della provincia di Salerno con il maestro Pasquale Liguori di Vietri sul Mare. 

Sgarbi ha citato con doverosa ammirazione la ceramica di Vietri sul Mare complimentandosi per la creazione innovativa e la grande qualità della ceramica del maestro vietrese. Una interpretazione assai convincente supportata dalla grande tecnica utilizzata da Liguori.  Una tecnica a smalto poco conosciuta e utilizzata attualmente da pochi ceramisti che nasce dallo studio  e dalla sperimentazione svolta da diverso tempo della ceramica Babilonese,  riproposta in questa occasione  in chiave moderna per questo  prestigioso manufatto di Design. Quello che stupisce è soprattutto come l’artista vietrese sappia trasformare la comune materia tipicamente povera della terra in una presenza  altamente preziosa  ed elegante, una sorta di magia nel trattare l’alchimia e restituirci  l’oggetto trasformato decantato in una sostanza e dimensione nuova.   Il prototipo della bottiglia AmaRè non è una semplice bottiglia di liquore da bere ma un grande lavoro di ceramica da conservare e collezionare con cura come una autentica opera d’arte.



L'opera del maestro vietrese  Pasquale Liguori


In questo particolare appuntamento Vittorio Sgarbi, accompagnato da Ferdinando Creta, direttore dell’Area Archeologica del Teatro Romano di Benevento e del Museo archeologico del Sannio Caudino di Montesarchio ha presentato  il suo ultimo libro “Il Novecento”, dal Futurismo al Neorealismo, una sua personale interpretazione  dell’arte in Italia con i maestri del secolo scorso. Poco convincente rimane la sua ipotesi personale su  “Il  Novecento” – che secondo lui  resta un secolo “carsico” con molti talenti non emersi o non degnamente riconosciuti. Una sorta di caccia ad artisti marginali e emarginati dal sistema poco considerati dalla critica ufficiale nel contesto dell’arte di avanguardia e delle ricerche svolte nel primo e secondo decennio dell’arte internazionale (Sandro  Bongiani).













mercoledì 14 marzo 2018

Passaggi di stato, Lorenza Boisi, Regina José Galindo e Valentina Palazzari - Reggia di Caserta


Tre artiste per “forzare il limite di un confronto”


Passaggi di stato Reggia di Caserta

Lorenza Boisi,Veduta mostra, BOISI-GALINDO-PALAZZARI, Passaggi di stato, Reggia di Caserta, 2018.  Foto The Knack Studio

Una mostra interessante a più voci presso le sei sale delle Retrostanze settecentesche (Ex Terrae Motus) e il Vestibolo superiore della Reggia di Caserta.

Passaggi di stato: una mostra dedicata a tre artiste sotto il segno del femminile, Lorenza Boisi, Regina José Galindo e Valentina Palazzari, a cura di Bruno Corà e Davide Sarchioni (visibile fino al 20 marzo 2018).

Giovani artiste della stessa generazione e di diversa provenienza culturale e visione poetica accumunate dall’interesse a relazionare in un inedito confronto che pur nella diversità delle proposte, tentano di “forzare il limite di un confronto”. L’intento primario è per l’appunto sperimentare la coesistenza delle visioni, un possibile dialogo sia tra le loro opere sia con lo spazio fisico e magico della Reggia.
Tre artiste decisamente differenti per caratteristiche e tipologie metodiche e tecniche che ci prepongono uno spaccato, seppur limitato, delle diverse proposte in atto. Nelle sale della Reggia si percepiscono “i passaggi di stato” da una visione all'altra, con opere bidimensionali a parete che convivono con l’installazione e l’oggetto tridimensionale, sollecitando rimandi e associazione attraverso l’utilizzo dei diversi materiali, un passaggio decisamente fluido carico di tensione e di attraversamenti e un procedere avanti e indietro senza soluzione di continuità.

Passaggi di umore, da un linguaggio all'altro percepiti sotto il segno della diversità. In tale dinamica convivono e si relazionano i lavori della Palazzari votati all'innesto e alla precarietà duttile dei materiali legati ai processi di ossidazione nella dimensione più consunta e trascorrente del tempo, (un particolare omaggio è presentato nell'imponente Scalone d’Onore di Luigi Vanvitelli con un’installazione monumentale). 

La pittura estemporanea della Boisi permane condizionata dalla pratica di ceramista, votata alla figurazione e a motivi naturali che cerca di ambientarsi con la decorazione maestosa e ornamentale della Reggia.

Tutt'altro si avverte dalle ricerche performative sul tema del corpo umano, tra fotografia e video art svolte dall’artista guatemalteca Regina José Galindo, senza dubbio la più lucida e convincente, che ossessivamente rimarca l’importanza del corpo e dell’azione performativa come strumento urgente di comunicazione e denuncia sociale.



Regina José Galindo (Città del Guatemala, 1974), Aún no somos escombros, 2016, color video, stereo sound, 19’, Courtesy l’artista e Prometeogallery.


Insomma, tre piccole e importanti personali in cui i risultati sono condizionati dalla diversità di visione immaginativa e soprattutto per la complessa e concreta relazione che si può instaurare con le imponenti sale della  Reggia di Caserta

Passaggi di stato Reggia di Caserta

Valentina Palazzari, Veduta mostra, BOISI-GALINDO-PALAZZARI, Passaggi di stato, Reggia di Caserta, 2018, Foto © Manolis Baboussis

Boisi | Galindo | Palazzari. Passaggi di stato

Dal 23 febbraio al 20 marzo 2018
Appartamenti Storici, Retrostanze del ‘700 e Vestibolo superiore della Reggia di Caserta, via Douhet 2/A – 81100 Caserta
Orari: Tutti i giorni dalle 8.30 alle 19.30, martedì chiusura settimanale



venerdì 8 dicembre 2017

A Caserta la "Magica Concettualità" di Tino Stefanoni


                                         
     

TINO STEFANONI
PITTURA OLTRE LA PITTURA
a cura di Vincenzo Mazzarella, Nicola Pedana e Luca Palermo
testo critico di Valerio Dehò
        intervento di Enzo Battarra,
già curatore della mostra personale dell’artista a Caserta “Magica concettualità"

REGGIA DI CASERTA
Appartamenti storici, retrostanze del ‘700
Vernissage giovedì 7 dicembre 2017 ore 17
Durata: 8 dicembre 2017 | 7 gennaio 2018
Orario: 8,30 – 19,30 - chiusura martedì






La Reggia di Caserta dal 7 dicembre 2017 al 7 gennaio 2018 dedica a Tino Stefanoni (Lecco, 1937) una mostra antologica dal titolo “Pittura oltre la pittura” che si svolgerà negli Appartamenti storici, retrostanze del ‘700 della Reggia di Caserta. Il vernissage è in programma per giovedì 7 dicembre alle ore 17. La mostra è a cura di Vincenzo Mazzarella, Nicola Pedana e Luca Palermo con testo critico di Valerio Dehò. Sarà Enzo Battarra, già curatore della personale dell’artista alla galleria Nicola Pedana di Caserta “Magica concettualità”, a ricordare la figura del maestro. Sarà questa, infatti, la prima mostra che si va a realizzare dopo la recentissima scomparsa del grande artista internazionale, avvenuta sabato 2 dicembre mentre era in corso l’allestimento nella Reggia. Tino Stefanoni era innamorato del Palazzo vanvitelliano e delle sontuose sale, chiedendo lui stesso di potervi esporre. Sarebbe ora felice di poter partecipare al suo vernissage.
Grazie ai prestiti da parte dei collezionisti, l’antologica proporrà per lo più opere inedite mai presentate prima in spazi pubblici. L’esposizione resterà aperta fino al 7 gennaio 2018 tutti i giorni dalle ore 8,30 alle 19.30, martedì chiusa.
Il percorso espositivo cronologico si apre con i lavori nei quali si avvertono le suggestioni della Metafisica di Carlo Carrà che Stefanoni predilige rispetto a quella di Giorgio de Chirico, per la sua capacità di far scoprire la bellezza nascosta nella vita quotidiana. Nel ciclo dei Riflessi (1965-1968), i piccoli rilievi tondi diventano la base per dipingere dei paesaggi in miniatura, in cui già si percepisce la cura al dettaglio che diventerà nel tempo una delle cifre più caratteristiche dell’artista lecchese. A cavallo tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, Stefanoni intuisce per primo la possibilità di utilizzare la segnaletica stradale nella rappresentazione della realtà, in maniera ironica e distaccata. Nascono così i Segnali stradali regolamentari, al cui interno sono inseriti oggetti-icona che rispondono all’esigenza linguistica, propria di quegli anni, di far conquistare all’elemento visivo territori che appartenevano alla parola. Queste immagini ritornano protagoniste nelle tele degli anni ’70 che mostrano una “metafisica senza mitologia” con oggetti comuni come matite, mestoli, scope, flaconi, giacche e altro, disposti su ordinate fila, sovrapposti o affiancati gli uni agli altri che dialogano con lo spazio vuoto o segnato da linee geometriche. È il caso del ciclo delle Piastre, guida per la ricerca delle cose (1971), sculture che rispettano la bidimensionalità del disegno o della pittura, o delle Memorie (1975-1976) dove le tracce degli oggetti sono replicati dai segni lasciati dalla carta carbone. In questi lavori, il richiamo alla Pop Art svanisce a favore del rigore dell’arte concettuale, alla quale Stefanoni si avvicina già alla fine degli anni ‘70 con Elenco di cose (1976-1983), una serie quadri realizzati con la lente d’ingrandimento, dove soggetti minimali e quotidiani, estranei alla tradizione della pittura come una cucina a gas o una pinza, diventano protagonisti di una ritrattistica quasi maniacale. A questa seguirà quella delle Apparizioni (1983-1984) in cui domina l’essenzialità della linea e la distanza dal colore, con immagini impalpabili come colte attraverso un cielo nebbioso. Come afferma Valerio Dehò, autore del testo in catalogo, “Tino Stefanoni non adopera dei simboli, non vuole far aprire le porte all’ignoto o dell’inconoscibile. La sua apparente freddezza racchiude una passione per tutto ciò che di semplice l’uomo sia riuscito a creare, la sua arte ha pochi coinvolgimenti emotivi in questa fase proprio per l’essenzialità della disciplina platonico-cartesiana ma presuppone la complicità dello spettatore, la sua capacità di farsi sorprendere dall’ovvietà come strada per rileggere l’intera realtà. Il lavoro di Stefanoni è cristallo di rocca da scaldare con lo sguardo”. Dal 1984, con Senza titoloil colore racchiuso dalla linea nera caratterizza le nature morte e le vedute, mai la figura umana. Sono ambientazioni nelle quali Stefanoni recupera, senza mitizzarla, la Metafisica, ma in cui è sempre presente la memoria della lezione di eleganza e rarefazione del Beato Angelico, al quale spesso Stefanoni si richiama per la passione per l’osservazione, legata alla rivelazione delle geometrie segrete tra gli oggetti e gli elementi del paesaggio. Le sue casette, i suoi alberi sono oggetti ridotti all’essenziale, alla semplicità di una forma riconoscibile, quasi illustrativa. Sono elementi della storia dell’arte italiana che diventano icone, per questo devono essere comprensibili, proprio perché hanno dei valori diversi dalla semplice rappresentazione.  I paesaggi o le nature morte che costituiscono gran parte del lavoro di Stefanoni non vogliono spiegare o raccontare, quanto rappresentare uno stato delle cose. 
Anche le sue più recenti Sinopie, richiamando la tecnica dell’affresco, riflettono questo suo inserimento nella classicità del dipingere e aprono a delle forme di azzeramento del colore e dei contorni dei paesaggi, fino a diventare semplice pittura, sempre alla ricerca dell’essenzialità. Accompagna la mostra un catalogo edito dal Comune di Lecco con, oltre ai testi istituzionali, un saggio critico di Valerio Dehò.





TINO STEFANONI, nato nel 1937 a Lecco, dove si è spento il 2 dicembre 2017, aveva studiato al Liceo Artistico Beato Angelico e alla facoltà di architettura del Politecnico di Milano. Dopo alcune mostre fra il ‘63 e il ‘66, la sua vera e propria attività artistica è iniziata nel 1967 con il conseguimento del 1° Premio San Fedele di Milano, importante rassegna per giovani artisti, della cui giuria facevano parte anche il conte Panza di Biumo e Palma Bucarelli. Da allora ha esposto in numerose gallerie private italiane e straniere, spazi pubblici e museali, manifestazioni internazionali (Biennale di Venezia 1970 e 2011).
Spazi pubblici e Musei: 1977 Palazzo dei Diamanti, Ferrara; 1979 Castello di Portofino; 1981 Museo ICC, Anversa; 1990 Museo Koekkoek, Kleve; 1992 Stadtgalerie, Sundern; 1994 Museo di San Marino e Villa Manzoni, Lecco; 1996 Palazzo Civico, Sarzana e Istituto Italiano di Cultura, Parigi; 1997 Istituto Italiano di Cultura, Chicago; 1999 Chiostri di San Domenico, Reggio Emilia e Galleria San Fedele, Milano e XIII Quadriennale di Roma, Palazzo delle Esposizioni, Roma; 2000 Museo di Tortolì; 2002 Palazzo Forti, Verona; 2003 Trevi Flash Art Museum; 2005 XIV Quadriennale di Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma; 2006 Palazzo Pubblico Magazzini del Sale, Siena, unito alla creazione del Drappellone del Palio del 16 agosto  2006; 2007 Casa del Console, Calice Ligure; 2008 Galleria d’Arte Moderna di Valdagno; 2011 Galleria Civica Ezio Mariani, Seregno; 2013 Galleria Gruppo Credito Valtellinese Refettorio delle Stelline, Milano; 2014 Università Bocconi, Milano e Palazzo Parasi, Cannobio.